Il pericolo che la Apple sembra preannunciare è degno della migliore letteratura distopica. Dal Grande Fratello di Orwell al siero della verità del Kallocaina di Karin Boye, l’idea di un mondo futuro in cui a regnare è un controllo serrato e quotidiano dell’autorità è stato al centro di alcuni dei più grandi romanzi del Novecento. Se nel secolo scorso a dare manforte sono stati, fuor di dubbio, i regimi totalitari (che della strategia del controllo ne sapevano qualcosa), oggi a rendere reali delle paure letterarie è, manco a dirlo, l’estrema raffinatezza a cui è giunta la tecnologia.
Che la diffusione dei dispositivi tecnologici potesse comportare un aumento del controllo, potevamo di certo aspettarcelo. Ma dalla pervasività di certi meccanismi allo spionaggio dei nostri smartphone, ne passa di strada. La querelle tra Apple e l’FBI riguarda per l’appunto la possibilità di poter accedere a informazioni personali, attraverso dei codici di sblocco che l’azienda di Cupertino dovrebbe essere felice di fornire all’agenzia federale.
Lungi dal fare i salti di gioia, la Apple si è rifiutata di collaborare e, tramite il legale Ted Olson, ha dichiarato che se in questa battaglia avrà la peggio “ci ritroveremo in uno stato di polizia” e potremmo dover abituarci a convivere con “un governo con poteri illimitati che potrà sempre ascoltare le nostre conversazioni telefoniche”.
Olson ha anche sottolineato che “ogni singolo esponente delle forze dell’ordine, non solo l’Fbi, si sentirebbe in diritto di richiedere un nuovo prodotto per entrare in qualcosa. Anche un giudice statale potrebbe ordinare alla Apple di realizzare qualcosa per sbloccare o violare ciò che è contenuto nei telefoni o nei tablet”.
Insomma, verrebbe meno uno dei grandi pregi dei prodotti Apple che è, per l’appunto, la sicurezza. E se anche la maggior parte di noi non ha nulla da nascondere, sarebbe di certo spiacevole vivere sapendo che qualcuno probabilmente è lì in ascolto. Con buona pace di Orwell.