Tutti voi ricorderete la querelle delle ultime settimane, riguardante la richiesta da parte dell’FBI di un sistema per riuscire a sbloccare gli iPhone e poter entrare così nei dispositivi degli utenti sospetti. La Apple aveva risposto picche, invocando principi come privacy e liberà. Pare però che, nelle ultime ore, l’agenzia federale statunitense sia riuscita a trovare una soluzione.
Sembra sia confermato, infatti, che il bureau è riuscito ad ottenere un sistema di sblocco grazie all’intervento di un hacker o di una intera organizzazione, che sarebbe stata in grado di violare la sicurezza dell’azienda di Cupertino.
Ma perché un hacker dovrebbe collaborare con l’FBI? In realtà si tratta solo di un’ipotesi resa pubblica nientemeno che dal New York Times. Il quotidiano statunitense, come argomentazione, ha sottolineato che la Apple, a differenza di altre aziede come Microsoft e Google, non è solita offrire ricompense a chi è in grado di scoprire falle e debolezze nel sistema. Ne consegue che il fantomatico hacker avrebbe ricevuto un lauto ringraziamento da parte dell’FBI.
Tuttavia, il Federal Bureau of Investigation non ha fatto menzione di alcun compenso né, naturalmente, ha specificato il nome o i nomi di chi ha fornito il metodo di sblocco. Secondo alcune fonti, ad aiutare l’FBI sarebbe stata la Cellebrite, società israeliana che già in passato ha fornito sistemi di decrittazione.
L’FBI ha tempo fino al 5 aprile per testare il sistema che già adesso parrebbe funzionare alla perfezione, consentendo liberamente l’accesso ai dispositivi protetti da password.